mercoledì, maggio 16, 2007

I sette vizi capitali: Accidia


E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: «Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent' è che par nel duol sì vinta?».
Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli».
E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
(Inf. III, 31-51)
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Il termine, che deriva dal greco ακηδία (akidia), designa la negligenza, l'indifferenza, la noncuranza, il torpore e l’indolenza... indica, inoltre, l'abbattimento, lo scoraggiamento, la prostrazione, la stanchezza, la noia e la depressione dell'uomo di fronte alla vita.
Più che un peccato io lo considero una malattia… uno smarrimento totale, che ci fa perdere l’interesse per le cose importanti della vita. Tutto appare come un peso troppo grande da sopportare, come una fatica immane che proprio non si ha la forza. la volontà… il coraggio di superare. Si sprofonda così nell’ozio, si lasciano le proprie occupazioni, gli interessi, ci si lascia andare ad una vita amorfa, abulica e trascinata.
Voglio, infine, concludere la carrellata dei vizi con un racconto proprio sull’accidia, cha ha origine nell’isola di Kastellorizo (quella in cui è stato girato il film Mediterraneo, di Salvatores) e che ha per protagonisti un pigro… ed i paximàdia (un tipo di pane biscottato, simile alle nostre friselle, e che si mangia bagnato con acqua o brodo)!
C’era una volta un uomo che temeva il lavoro come il diavolo e che era così pigro che se gli si dava del cibo mangiava, altrimenti sarebbe potuto anche morire di fame. Una sera dopo che non era riuscito ancora a mettere niente in bocca, decisa di fingersi morto pur di non dover andar a lavorare… Pensò che era meglio farsi seppellire da vivo piuttosto che lavorare. I vicini, che lo videro steso sul letto, immobile, pensarono davvero che fosse morto e così gli organizzarono il funerale. Mentre lo portavano al cimitero, una donna che lo conosceva esclamò: “Poveretto! Dev’essere morto di fame. L’avessi saputo ieri, gli avrei portato un po’ di paximàdia che ho in casa”. Il pigro, che da dentro la cassa aveva sentito, gridò: “Buoni i paximàdia! Ma me li avresti dati secchi o li avresti bagnati?”… “Secchi” rispose la donna. “Allora tirate dritto al cimitero!” replicò il pigro, che preferì farsi seppellire vivo piuttosto che bagnarsi i paximàdia!
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Paximadia d’orzo con insalata di mare
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Ingredienti: 1 tazza di olio extravergine di oliva, 2 cipolline fresche tritate, 2 spicchi d’aglio sminuzzati, 1 kg di cozze, 2 ½ tazze di vino bianco, 12 gamberi sgusciati, 225 gr di cappesante divise in quattro, 450 gr di calamari piccoli tagliati a pezzetti, ½ tazza di succo di limone, ½ tazza di olive nere snocciolate e tagliate a fette, 1 tazza di cuore di sedano tagliato a fettine sottili, ½ tazza di cipollina fresca tagliata a fettine oblique, ⅓ tazza di brodo di pesce, ½ cucchiaino di zucchero, 2 cucchiai di prezzemolo, 2 cucchiai di menta, 2 cucchiai di aneto, 225 gr di polpa di granchio, 6 paximàdia d’orzo o in alternativa 6 freselle, sale e pepe bianco.
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In un capiente tegame, scaldiamo un cucchiaio di olio a fuoco medio. Aggiungiamo le cipolline tritate e l'aglio. Facciamo soffriggere per un minuto, versiamo le cozze ed annaffiamo con il vino. Alziamo il fuoco, coperchiamo, e lasciamo cuocere per 5 minuti, cosicché le cozze si aprano. Togliamo il tegame dal fuoco e mettiamo le cozze aperte in un piatto a raffreddarsi. Rimettiamo il tegame sul fuoco, abbassiamo un poco la fiamma e versiamoci i gamberi, i calamari e le cappesante e lasciamo cuocere per qualche minuto. Con una schiumarola raccogliamo il pesce e mettiamolo a raffreddare in un piatto. Filtriamo il brodo del pesce e teniamone da parte ⅓ di tazza. Sgusciamo le cozze. In una ciotola versiamo l’olio, il succo di limone, le olive, il sedano, la cipollina fresca, il brodo lo zucchero e le erbette. Saliamo e pepiamo. E mescoliamo tutto leggermente. Versiamoci le cozze ed il pesce. Mescoliamo e copriamo con della pellicola. Mettiamo a riposare in frigorifero per almeno 3 ore. Al momento di servire, bagnamo appena le 6 paximàdia. Le sistemiamo ognuna in un piatto, versiamo sopra qualche cucchiaio di insalata di mare e almeno un paio di cucchiai della loro salsa, in modo che le paximàdia si imbibiscano.

venerdì, maggio 11, 2007

Il ciliegio e l’altalena


Ci sono dei particolari momenti nella vita di ognuno di noi, in cui i sensi restano così profondamente colpiti, da restare incisi nella mente per sempre.
A me capita ad esempio, in questo periodo dell’anno, di ripensare a quando da bambina, durante il fine settimana, andavo nel paese in cui vivevano i miei nonni. Andavamo spesso a mangiare fuori, in un posto circondato dai ciliegi. I proprietari del ristorante avevano appeso ai rami più robusti di alcuni ciliegi delle altalene, fatte di corde e tavole di legno. Non c’era cosa che amassi di più che dondolarmi su quelle altalene… reclinavo la testa all’indietro e guardavo divertita la luce del sole brillare tra rami e foglie. Quando poi era il periodo della fioritura adoravo vedere i petali scendere e cercavo di prenderli con la bocca, senza l’aiuto delle mani, cercando di battere ogni volta il record personale di petali ingoiati. Non riuscivo a smettere di dondolarmi, fin quando non arrivava la voce di mia nonna, che mi chiamava a tavola.
E pensare che l’origine dell’altalena è legata, invece, ad una vicenda triste e terribile. La leggenda narra, infatti, che Clitennestra ed Egisto avessero una figlia, di nome Erigone. Quando i suoi genitori vennero uccisi da Oreste, Erigone decise di vendicarsi e a tale scopo seguì il fratellastro ad Atene. Ma quando vi giunse capì di non poter riuscire nel suo intento, fu presa da scoramento e decise di impiccarsi. Dopo la sua morte, tuttavia, ad Atene accadde un fatto strano e molto preoccupante: tutte le vergini, come fossero contagiate da un maleficio, avevano preso ad impiccarsi in massa. Gli ateniesi, sconvolti da una tale catastrofe, si rivolsero all’oracolo di Apollo, a Delfi. Questi rispose loro che bastava costruire delle altalene, in modo tale che le fanciulle potessero dondolarsi nell’aria, come faceva chi si impiccava, senza perdere la vita. Fu così, allora, che ad Atene ogni anno la morte di Erigone veniva ricordata il terzo giorno della festa di Anthesteria, quando veniva celebrato il rito delle “chytroi” (pentole), durante il quale veniva preparata la “panspermia” (un misto cioè di cereali immersi nel miele) e le giovani donne si divertivano a dondolarsi in altalena.
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Ciliege fritte
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Ingredienti: 5 tuorli, 5 albumi, 150 gr di farina, 100 gr di latte, 300 gr di ciliege grandi, 100 gr di zucchero, ¼ cucchiaio di cannella in polvere, olio per friggere.
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Montiamo gli albumi a neve. Prepariamo una pastella battendo insieme i tuorli, la farina ed il latte. Quando sarà pronta vi aggiungiamo gli albumi montati. Lasciamo l’impasto riposare per 40 minuti circa. In un piatto mescoliamo insieme lo zucchero e la cannella. Laviamo le ciliege e le asciughiamo per bene. Tenendole dal picciolo le immergiamo una ad una nella pastella e le buttiamo nell’olio bollente, lasciandole friggere fin quando abbiano assunto un bel colore dorato. Le facciamo scolare bene su della carta assorbente e poi le tuffiamo nello zucchero con la cannella.

lunedì, maggio 07, 2007

L’affare… del sale

In questi giorni, in occasione del “saltexpò” di Napoli, si è tanto parlato del sale e dei suoi impieghi. Ma mai come nel Medioevo il sale ha rivestito tanta importanza… ha provocato guerre per il monopolio della sua commercializzazione ed ha determinato lucrosi introiti agli Stati.
Il sale era, infatti, un prodotto indispensabile non solo per ragioni di carattere alimentare. Non serviva solo ad insaporire le pietanze, ma era l’agente quasi esclusivo per la conservazione di alimenti deperibili. Gli animali di allevamento come mucche, capre e maiali ne sono ghiotti e la loro dieta era regolarmente integrata dal sale. Aveva anche importanti impieghi nell’industria tessile, nei processi di produzione del cuoio e della pelle, della maiolica e delle vernici, nell’affinazione di metalli preziosi, come l’oro e l’argento.
La fabbricazione del sale passava attraverso due fasi: si creava la salamoia, per dissoluzione o evaporazione, e da questa il sale, attraverso evaporazione e concentrazione. L’acqua marina contiene diversi sali, che precipitano nel corso del processo di concentrazione, per questo nelle saline è necessario creare una serie di bacini successivi, al termine dei quali si raccoglie il cloruro di sodio, isolato dagli altri sali. Una salina, fin dal Medioevo, era composta da tre serie di bacini protetti da una diga: il primo, il “morario”, accoglieva l’acqua marina in seguito all’apertura della diga e serviva da vasca di decantazione per trasformare l’acqua in salamoia, che passava in seguito nei “corbuli”, ove continuava a riscaldarsi ed evaporare, infine veniva immessa sui cristallizzatori alla “testa” della salina, su cui si eliminavano i sali nocivi.
Il lavoro nelle saline era duro. Per tale ragione, soprattutto il trasporto a spalla dei panieri ricolmi si sale veniva ritmato da filastrocche, che servivano a fare la conta dei panieri che si erano trasportati…
O cu l’ai salarrera
primavera la venna dui sunno
e cu av’aisare tri chi nn’ave
cu l’ai salamattu cuntu quattro
oi salatinto
e me l’abbattiti e avemu cinco…
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Spigola marinata con sale affumicato
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Ingredienti: 1 spigola da 1 Kg circa, 600 ml di olio extravergine di oliva, 150 ml di succo di limone, pepe rosa, sale affumicato.
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Laviamo, puliamo e sfilettiamo la spigola. Battiamo l'olio, il limone, il sale ed il pepe. Versiamo la marinata sul pesce, in modo tale che ne sia ben coperto. Mettiamo in frigorifero per 6-8 ore. Possiamo servire i filetti su un'insalatina di finocchi e cipollina fresca, condita con un filo d'olio e qualche goccia di tabasco.